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La porta aperta di un’aula vuota e un disegno a gessetti colorati su di una lavagna… Tanto bastò per influenzare la vita del piccolo scolaro che ancora non sapeva nulla di pittura e d’arte.

Categoria/Sottocategorie

Arte /Pittura /A olio

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IQB: 64D093FCB6C35

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Gabriele Lisca - Vittuone -

Dettagli sul prodotto

Gabriele Lisca nasce nel ’45 a Gaggiano e nel ’50 la famiglia si trasferisce a Vittuone, il paese d’origine della madre, dove abita tutt’ora.
Già da scolaro usa il disegno come parte integrante dei suoi temi, ma il suo primo passo verso la pittura è all’età di 13 anni, quando per tenerlo tranquillo per ristabilirsi da una malattia gli furono regalati dei colori ad olio, un pennello e una teletta, così dai piccoli disegni sui quaderni, senza ancor conoscere nulla di pittura, passò a copiare i grandi maestri del passato, iniziando col cesto di frutta del Caravaggio e proseguendo con quello che arrivava in casa sul retro della rivista settimanale “La Famiglia Cristiana”.
La svolta decisiva la diede l’amico Angelo Pasquarella che consegnandogli delle tele e un catalogo di espressionisti tedeschi gli commissionò 6 opere da riprodurre. Questo lo aprì sull’evolversi della pittura, in particolar modo sull’impressionismo.
Naturalmente come quasi tutti i ragazzi di paese, finite le scuole primarie, il lavoro era la priorità e il salario andava per intero alla famiglia, relegando la pittura come cosa da fare nel tempo libero. Dall’affrancamento della mano e dal bisogno di fondi per proseguire con la pittura, nacquero una moltitudine di quadretti floreali e piccole nature morte che finirono sulle pareti di molti appartamenti delle nuove case popolari fino allora sguarnite di immagini colorate.  
Passare dalle copie a dipinti dal vero, creò il bisogno inconscio di una scrittura pittorica propria e così per alcuni anni gli animali furono i suoi soggetti preferiti.
A 17 anni il primo concorso a cui seguirono altri per molti anni, lo portarono ad esprimersi sperimentando varie strade in pittura e sfociando in estemporanee e mostre collettive
Dopo periodi di attività frenetica, piccoli cambiamenti, riflessioni, confronti, quattro dipinti dai colori grigi eseguiti a spatola, nel 1986 segnarono il cambiamento decisivo della sua pittura, dando inizio alla sua caratteristica di pittore del fiume.
Con la prima mostra personale “un fiume-la vita” nel 1993 si concretizza il percorso espositivo che vedrà negli anni a seguire, oltre 35 esposizioni personali in luoghi che sono rappresentativi della sua terra d’appartenenza, sempre raccontando “il mondo del fiume”.
 
Di lui hanno scritto: Luciano Prada, Daniele Cucchiani, Edmondo Masuzzi, Enzo Costa, Luigi Menescardi, Susanna Cislaghi, Vittorio Pascali, Roberto Milani, Elisabetta Cattaneo, Carlo Salomoni, Anacleto Valneri.
 
 
…Una qualità ineludibile di Gabriele Lisca abita nell'umiltà di un'umana "religio", con la quale l'artista introduce i termini di un suo vocabolario dentro la vitalità brulicante e tacita della natura dipinta, nella ricerca tenace di un equilibrio sentimentale che trascina una speranza sempre accesa e sempre illusa: non disgiunta, questa, da una privata, insormontabile, splendida malinconia.
 L'esercizio e quello di un samaritano in soccorso della pittura: i suoi passi, dispersi come in un nulla nebbioso e rarefatto di finissimo tessuto cromatico, contengono il silenzio della pietà, ma danno voce al piacere della gioia interiore.           
Luciano Prada
 
…Se leggiamo in profondità i suoi quadri, ci accorgiamo che ciò che appare a prima vista un'opera figurativa è in realtà un paesaggio-stato d'animo, o, meglio, un paesaggio-visione del mondo.
"Quel fiume sono io", afferma in proposito lo stesso Lisca: il fiume è l'artista, che osserva il mondo con sguardo sempre nuovo nel corso della propria esistenza.
E' il fruire della vita, ora tranquillo, ora irruento, ora esausto e inaridito, e gli alberi che di questo fiume accompagnano il corso sono una cortina protettiva, talvolta oppressiva, più spesso un abbraccio confortante. La strada da percorrere può essere ampia e agevole, oppure angusta e faticosa, quando tronchi e rami ostacolano il cammino.
Edmondo Masuzzi
 
…La sua pittura vive nell’ambito di una poetica figurazione prettamente lombarda intesa come racconto di una realtà particolare dove la natura è sempre la protagonista principale dei suoi quadri. Questa natura, a tratti si riveste di vitalità velata da una sottile malinconia.
Le vegetazioni, le radici evidenziate, gli oggetti diversi, hanno un loro vitalismo particolare. L’artista, quando si trova di fronte alla natura, ne ricerca la luce, ne trascrive l’aspetto nelle sue molteplicità e ci rivela anche un angolo della sua anima.
Luigi Menescardi
 
…Un mondo incantato, magico che evoca sensazioni di dolcezza che si perdono nella solitudine infinita di paesaggi silenziosi.
Questo è il mondo che ci offre Gabriele Lisca, con i suoi colori freddi, dolci e irregolari. Questo è il suo Ticino.
Il fiume, l'elemento acqua si identifica con la personalità, con il vero "essere" dell'artista. L'acqua che scorre, che libera la mente e l'animo dalle schiavitù che l'opprimono, che schiacciano il vivere dell'uomo in un mondo moderno. Il fiume che scruta il paesaggio, che penetra nel terreno, rappresenta quello che per l'uomo pittore forse è solo un sogno. Ma il sogno del pittore, di quella classe eletta, diventa realtà sulla tela, una realtà vivente.
Susanna Cislaghi
 
…Nell'analisi degli oli, degli acquerelli, delle incisioni c'è qualche cosa che mi seduce oltre alle schematizzazioni formali, un segreto phatos che si cristallizza in un amore ripetuto, incantato, ridisegnato caparbiamente: l'amore di Gabriele per il fiume, per lo scorrere delle acque fra meandri sinuosi, costellati di radure, di piante, sassi, alberi morenti, montagne lontane che si sciolgono in orizzonti velati d'azzurro e di rosa. C'è in questo ripetersi quasi testardo dell'andare non con il fiume (il Ticino in specie), ma nel fiume, la ricerca di una catarsi che si coagula nella musica segreta e meravigliosa delle acque che si rinnovano, e come la vita, dopo un'ansa si affacciano su altre in un divenire tumultuoso di sensazioni, di incatenamenti.  
Daniele Cucchiani  
 
La pittura di Gabriele Lisca è formale e colta.
Lui, assolutamente vittima del proprio vedere, non può esimersi dal riprodurlo e lo fa nei suoi lavori, nelle sue tele. Allora paesaggi, vedute, scorci riempiono lo sguardo di chi attento si ferma ad ammirare questi dipinti.
Anche il distratto ne rimane rapito. E non sa perché. Forse solamente perché dipinge il vero e non il verosimile. Quello che tutti noi conosciamo, vediamo, lui lo traduce in poetico racconto visivo. Non si fa inventore, non dice niente di nuovo, solamente racconta la vita, la natura, che immortale ci accompagna nel nostro cammino.
Il colore diventa spesso, si fonde e si trasforma in materia. La tavolozza è corposa, la cifra stilistica è immediata e riconoscibile. Un giallo di Napoli, un ocra rossa, un carminio, uno dopo l’altro si uniscono in un osmotico uno per formare un’iridescente scansione cromatica.
Un pittore che dipinge e lo fa davvero. Usando gli strumenti che ogni artista deve possedere: buone mani, buona vista, buona anima. Gabriele Lisca è un pittore vero, d’altri tempi forse, ma non mente. L’arte non mente mai.
Roberto Milani
 
Dolcemente scende a valle il fiume come le parole di un vecchio Sognatore… Lentamente bagna le rive e i sassi al suo passare e l'inchinar dei rami dagli alti fusti ondeggiare alla brezza mattutina e s'ode il sibilar del vento freddo per acquetare il caldo della torrida Estate nella pianura padana.
Dipinti fatti di luce, serenità e rispetto per la natura.
Raffaele Vittorio Pascali
 
…Quante mostre, quanti quadri, quante emozioni ruotano attorno alla sua pittura. Il suo linguaggio lo porta ad interpretare elementi naturali e a comporli come mosaici.
Anche il suo disegno è a pari grado, poiché lo usa per raccogliere frammenti di visioni, il cui protagonista è sempre il Ticino, che lo accompagna da sempre come un buon amico. Il suo è uno sguardo, che sotto le apparenze mobili e mutevoli, vuole cogliere l’essenza, l’immutabile natura. La luce, che avvolge i particolari che dipinge, non è il chiarore atmosferico ma una luce sua, di continue variazioni. La natura visibile deve avere un aspetto spirituale. Questo è quello che Lisca vuole comunicare. La sua tavolozza del colore, mutevole nell’aspetto, celestiale, oscura, terrosa, colorista, con una forte gestualità, inconfondibile nelle spatolate di colore, crea l’effetto natura dell’essere silenzioso, solitario, dove giocano emozioni, come il fruscio dell’acqua che accendono la fantasia di tutti gli elementi che compongono il dipinto…
Anacleto Valneri
 
 
 
 

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